Roberto Benigni

Roberto Benigni

  • Febbraio 27, 2024
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Roberto Remigio Benigni, nato a Castiglion Fiorentino il 27 ottobre 1952, è una figura poliedrica nel panorama dell’arte e dello spettacolo italiano. Attore, comico, regista, sceneggiatore e cantautore, Benigni ha segnato la sua carriera con un talento eclettico e una comicità irriverente.

Inizialmente noto come monologhista teatrale, Benigni ha conquistato il pubblico con la sua comicità ironica e dissacrante. Nel corso degli anni, è diventato uno dei personaggi pubblici più riconosciuti e amati in Italia e nel mondo. La sua presenza cinematografica e televisiva è caratterizzata da un carattere gioioso e irruente, spesso sovvertendo il clima dei programmi di cui è ospite.

Tra i suoi numerosi successi, spicca l’Oscar al miglior attore ottenuto nel 1999 per il film “La vita è bella”, di cui è anche regista. Il film ha ricevuto anche l’Oscar al miglior film straniero, consolidando la reputazione internazionale di Benigni. È l’unico attore italiano a ricevere il Premio Oscar per la miglior interpretazione in un film in lingua straniera.

Nel 2021, alla Mostra del cinema di Venezia, Benigni è stato onorato con il Leone d’oro alla carriera, ulteriore conferma del suo impatto duraturo nell’industria cinematografica. Il suo impegno nella recitazione e divulgazione della Divina Commedia di Dante Alighieri, oltre alla sua interpretazione memorabile del Canto degli Italiani e dei principi costituzionali, gli ha guadagnato consensi sia dal pubblico che dalla critica.

Roberto Benigni, un artista eclettico che ha lasciato un’impronta indelebile nel mondo dell’intrattenimento, continua a essere una figura di riferimento, sia per il suo contributo artistico che per il suo impegno culturale.

Hitchcock Alfred

  • Aprile 29, 2020
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Sir Alfred Joseph Hitchcock (Leytonstone, 13 agosto 1899 – Bel Air, 29 aprile 1980) è stato un regista e produttore cinematografico britannico. Per le numerose innovazioni introdotte nel mondo del cinema è considerato una delle menti più fervide della settima arte e spesso soprannominato «maestro del brivido».

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Luchino Visconti

Visconti Luchino

  • Marzo 17, 2016
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Nato a Milano il 2 novembre 1906, Luchino Visconti di Modrone, quarto dei sette figli del duca Giuseppe Visconti di Modrone e di Carla Erba, proprietaria della più grande casa farmaceutica italiana dell’epoca, è discendente di Francesco Bernardino Visconti, al quale, secondo alcuni, Alessandro Manzoni si sarebbe ispirato per la figura dell’Innominato ne I promessi sposi. Fa il servizio militare come sottufficiale di cavalleria a Pinerolo e vive gli anni della sua gioventù nell’agio di una delle più importanti famiglie d’Europa.

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Orson Welles

Welles George Orson

  • Gennaio 12, 2015
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George Orson Welles, nato a Kenosha il 6 maggio 1915, nello Stato americano del Wisconsin, è stato un famoso attore, regista, sceneggiatore e produttore cinematografico statunitense.

Figlio della pianista Beatrice Ives e di Richard Welles, proprietario di una fabbrica di furgoni ma anche inventore durante il tempo libero, si rivela essere un bambino prodigio già in tenera età: grazie agli insegnamenti della madre si dedica alla musica e alla pittura e già a tre anni mostra una predisposizione alla recitazione teatrale, ricoprendo dei ruoli in opere teatrali quali “Sansone e Dalila” e “Madama Butterfly”.

In seguito al divorzio dei suoi genitori seguirà la madre a Chicago dove frequenteranno ambienti intellettuali e culturali. Tuttavia, la prematura morte della madre nel 1924, quando Orson Welles aveva soli 8 anni, lo portò ad abbandonare la carriera musicale e a tornare a vivere con il padre.

Durante la giovinezza segue il padre nei suoi viaggi, frequenta prima la Washington School e in seguito la Todd School di Woodstock, diretta da Roger Hill, spesso citato da Welles stesso come il maestro che più di chiunque altro ha influenzato la sua futura carriera. Durante il periodo trascorso alla Todd School prosegue la sua esperienza teatrale e letteraria, interpretando diversi personaggi in tragedie e drammi storici shakespeariani.

In seguito alla morte del padre, avvenuta nel 1930, si diploma alla Todd School , frequenta brevemente il Chicago Art Institute, per poi partire prima per l’Irlanda, dove lavora come attore e regista all’Abbey Theatre. Nel 1933 prova una carriera teatrale a Londra, presentandosi come un famoso attore newyorkese, ma il rifiuto delle sue proposte di lavoro lo faranno rientrare negli Stati Uniti nello stesso anno, stabilendosi poi definitivamente a New York nel 1934. Qui collabora con il regista e produttore teatrale John Houseman, mettendo in scena lo spettacolo Panic, cui segue la realizzazione di Voodoo Macbeth, la versione più rivoluzionaria del Macbeth mai vista fino ad allora, la quale gli permette di ottenere una certa notorietà e di evidenziare le sue doti registiche nonostante la sua inesperienza.

Prosegue la sua collaborazione con Houseman ed entra a far parte della Federal Theatre, un’associazione teatrale collettiva che vantava quattro grosse compagnie.

Nel 1937 fondò assieme ad Houseman il Mercury Theatre, una nuova compagnia di prosa che aveva l’obiettivo di portare sul palcoscenico opere sia classiche che moderne, tra cui una versione del Giulio Cesare di Shakespeare ambientata nell’Italia fascista. Nell’estate del 1938 Welles e la compagnia Mercury Theatre sono una presenza quotidiana nelle trasmissioni dell’emittente radiofonica CBS, con il programma “Mercury Theatre on the Air”, il quale propone reinterpretazioni audio di classici od opere letterarie popolari. Proprio durante questo periodo, il 30 Ottobre 1938, Welles fece uno “scherzo” all’America destinato a rimanere nella storia: interruppe la trasmissione radiofonica e interpretò un adattamento di “La guerra dei mondi” , romanzo di fantascienza di H. G. Wells, annunciando l’invasione della Terra da parte di alieni. Lo stile della narrazione, in forma di radiocronaca molto verosimile che comprendeva notiziari, interviste sul posto e persino un invito a mantenere la calma al presidente Roosvelt scatenò il panico nel Nordamerica, soprattutto nel New Jersey (dove sarebbe avvenuto il presunto atterraggio), poiché gli ascoltatori credettero nell’autenticità degli eventi. Ne risultarono linee telefoniche sovraccariche, traffico congestionato nel tentativo di fuggire.

Poche ore dopo le trasmissioni la calma fu ristabilita, grazie anche alle notizie che rivelarono la natura della burla, ma questo evento costituì per Welles un successo che andò oltre le sue aspettative (si rese conto della portata degli effetti del suo spettacolo solo il giorno dopo), rivelando la sua genialità creativa e le sue doti interpretative, e fornendogli una enorme pubblicità, tale che nel 1939 la RKO, una celebre casa di produzione e distribuzione cinematografica statunitense, gli offre un contratto per la realizzazione di 3 film a Hollywood, contratto che gli concedeva una libertà artistica assoluta, oltre il 20% degli incassi lordi e la possibilità di essere a proprio piacimento attore, regista e produttore.

In seguito ad un periodo di indecisione, nel quale alcuni progetti di Welles non raggiunsero mai la realizzazione cinematografica, nel 1941 gira “Quarto potere”, film che si rivelò un insuccesso al botteghino, ma che col passare del tempo è stato rivalutato e spesso definito uno dei più grandi capolavori della storia del cinema.

A causa del flop commerciale di “Quarto potere”i dirigenti della RKO assunsero un atteggiamento molto meno fiducioso nei confronti di Wells, tanto che nessuna delle produzioni successive può essere considerata totalmente una sua opera. Questo è stato il destino della seconda pellicola cinematografica di Welles: “L’orgoglio degli Amberson”(1942), basato sul romanzo vincitore del premio Pulitzer scritto da Booth Tarkington. Terminate le riprese Welles ebbe modo solo di fare una bozza di pre-montaggio, ma il montaggio finale venne effettuato approfittando di un’assenza del regista dagli Stati Uniti.

Nel 1948 Welles abbandona Hollywood e si trasferisce in Europa, dove inizia a concentrarsi su una nuova trasposizione di un dramma shakesperiano, l’Otello, che intende dirigere e interpretare e che richiederà quasi tre anni di lavoro. Data la necessità di reperire i fondi necessari alla sua realizzazione, Welles durante questo periodo partecipa come attore in alcuni film americani girati in Europa (Gli spadaccini della serenissima, 1949; Il principe delle volpi, 1949; La rosa nera, 1950). In particolare fu la sua partecipazione come attore nel film “Il terzo uomo” che gli permise di ottenere il compenso necessario per terminare l’Otello nel 1952. La realizzazione di questa pellicola comportò diverse difficoltà, non solo economiche ma anche tecniche, ma ripagò i suoi sforzi permettendogli di aggiudicarsi la Palma d’oro al Festival di Cannes.

In seguito parteciperà ancora come attore per alcune produzioni europee e tornerà alla regia con “Rapporto confidenziale”  (1955)

Nel 1957 torna ad Hollywood dopo dieci di assenza. Nel 1958 dirige ed interpreta “L’infernale Quinlan”, film che condivide con “Quarto potere” un’iniziale insuccesso economico seguito da una valutazione positiva della critica che lo definì come un altro capolavoro assoluto del regista. E anche in questo caso ci furono numerosi tagli nel montaggio da parte della produzione.

Terminata nuovamente la breve parentesi hollywoodiana, la sua carriera di regista continuò in Europa, dove, come in passato spesso accettò ruoli di attore per poter autofinanziare i propri progetti. Pur non disponendo dei finanziamenti e dei mezzi tecnici di Hollywood riuscì finalmente a guadagnare un’indipendenza non solo economica ma anche nel senso di una maggiore libertà d’azione, nonché la possibilità di dirigere il montaggio finale delle pellicole. Fu durante questo periodo che realizza uno dei suoi progetti più ambiziosi: la trasposizione cinematografica de “il processo” di Kafka (1962), ritenuto da egli stesso il suo film più importante e più creativo. Con il film successivo, Falstaff (1966), Welles ritorna al suo amato Shakespeare, interpretando il ruolo principale, quello di Falstaff.

Per quanto riguarda gli ultimi anni della sua carriera, da citare il documentario F come falso (1973), in cui per mezzo di aneddoti, ricordi autobiografici e alcune interviste a noti falsari (tra cui, Elmyr de Hory, che falsificava celebri quadri,e Clifford Irving, che falsificava biografie) Welles affronta il tema del rapporto tra verità ed arte e menzogna, cercando di riflettere sulla validità della critica nel campo delle arti figurative, del cinema e della scrittura. D’altronde il tema della menzogna era molto caro a Welles: basti ricordare come la sua “guerra dei mondi” sia stata un falso scambiato per vero.

Negli anni ‘70 Gira anche “Filming Othello” (1978), documentario dove rievoca la travagliata e avventurosa lavorazione del suo film “Otello” e narra parte della sua biografia.

Di costituzione robusta sin dalla nascita, durante l’ultimo periodo della sua vita soffrì di un certo grado di obesità. Morì nella amata/odiata a Hollywood il 10 ottobre 1985, all’età di settant’anni, a causa di un attacco cardiaco. Le sue spoglie riposano in Spagna, a Ronda, in una fattoria dove Welles aveva soggiornato in uno dei suoi viaggi giovanili.

Vittorio De Sica

De Sica Vittorio

  • Novembre 10, 2014
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Nasce a Sora il 7 luglio 1901 da una famiglia della piccola borghesia, ma trascorre gli anni della fanciullezza a Napoli, dove si diletta di recitazione sin da giovanissimo.

Esordisce al cinema nel 1918 rivestendo un ruolo secondario ne “Il processo Clemenceau” di Bencivenga. Compare successivamente in altri film, mettendo a punto il proprio personaggio di giovinotto brillante e scanzonato: il grande successo di pubblico lo raggiunge però solo nel 1932, quale protagonista di “Gli uomini, che mascalzoni!” di Mario Camerini.
Tra le sue prime comparizioni vanno ricordate, sempre per la regia di Camerini, “Darò un milione” (1935), “Il signor Max” (1937) e “Grandi magazzini” (1939).

Debutta dietro la macchina da presa nel 1940 con “Rose scarlatte”, adattamento di un testo teatrale di successo. Dopo aver firmato alcune piacevoli commedie, muta registro con l’intenso “I bambini ci guardano'” (1943), che annuncia la leggendaria stagione del neorealismo e segna l’inizio della fortunata collaborazione con Cesare Zavattini: è da essa, infatti, che prenderanno le mosse “Sciuscià” (1946) e “Ladri di biciclette” (1948), entrambi premiati con l’Oscar ed entrati a far parte della storia del cinema mondiale.

“Miracolo a Milano” (1951) ed “Umberto D.” (1952) consacrano la maestria di De Sica e ne segnano l’apogeo di autore: in seguito, solo in rare occasioni – “L’oro di Napoli” (1954), “La ciociara” (1960), “Ieri, oggi, domani” (1963), “Il giardino dei Finzi Contini” (1970) – il cineasta ritroverà la propria vena migliore, più spesso licenziando opere inficiate da preoccupazioni commerciali od all’insegna di un intimismo a volte bozzettistico.

Del De Sica interprete, sono ancora da segnalare la minisaga iniziata con “Pane, amore e fantasia” (1953) di Comencini e la bella prova fornita ne “Il generale Della Rovere” (1959) di Rossellini.

A seguito di un’operazione ai polmoni, muore a Neuilly in Francia il 13 novembre 1974.


Pier Paolo Pasolini

Pasolini Pier Paolo

  • Novembre 01, 2014
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Pierpaolo Pasolini nacque a Bologna il 5 marzo del 1922. Un anno di importanza storica per il nostro Paese, in quanto il 30 ottobre del 1922 Benito Mussolini prende il potere ed inizia il periodo noto come il ventennio fascista.

Figlio di un ufficiale di fanteria, Carlo Alberto Pasolini, e di una maestra elementare, Susanna Colussi, ebbe un’infanzia segnata da trasferimenti di città continui, per via del lavoro del padre.

Dopo avere frequentato il liceo, nel 1939 si iscrisse in Lettere all’università di Bologna.

Con lo scoppio della seconda guerra mondiale inizia un periodo socialmente complesso che si ripercuote anche sulla vita di Pasolini, il quale l’8 settembre del 1943, con la firma dell’armistizio da parte del generale Badoglio, scappa dal servizio di leva e ritorna a Casarsa, dalla madre.

Nella primavera del 1945 apprese la notizia della morte del fratello Guido, più giovane di lui di tre anni.

Trova la forza per concludere il suo corso di studi universitari nonostante la complessità del momento e, subito dopo l’estate del 1945, si laurea presentando la tesi con il titolo di “Antologia della lirica pascoliniana (introduzione e commenti)”. Subito dopo, nel 1947, inizia la collaborazione con il settimanale del Pci “Lotta e lavoro”. Successivamente fu espulso dal Pci a seguito di un coinvolgimento giudiziario che lo vide protagonista, perse anche il lavoro di insegnante. Questa fu la spinta che lo portò ad allontanarsi dalla sua Casarsa ed andare a vivere a Roma con la madre. I primi anni nella capitale sono molto complessi a causa della proiezione in una realtà totalmente nuova e inedita rispetto alla vita che aveva condotto sino a quel momento.

Fra le sue maggiori produzioni si ricordano il romanzo di successo “Ragazzi di vita”, pubblicato da Garzanti nel 1955; “Accattone”, il film che realizzò nel 1961 e che venne vietato ai minori di diciotto anni, facendo scoppiare polemiche alla XXII Mostra del Cinema di Venezia; Nel 1962 esce il quarto episodio del film RoGoPaG, per il quale si aprirà un procedimento giudiziario per vilipendio alla religione di Stato; nel 1964 dirige “Il vangelo secondo Matteo”; nel 1965, invece, esce “Uccellacci e Uccellini”, per poi dirigere, nel 1967, “Edipo re”; il 1968 è la volta di “Teorema”, mentre nel 1969 di “Porcile”; nel 1970 “Medea”; seguirono “Il Decameron”; “I racconti di Canterbury; “Il fiore delle mille e una notte” e “Salò o le 120 giornate di Sodoma”

Pasolini venne trovato morto la mattina del 2 novembre del 1975 all’Idroscalo di Ostia, sul litorale romano. Il corpo martoriato venne notato da una donna che avvisò immediatamente la polizia. Nelle ore successive venne arrestato un ragazzo che confesso l’omicidio causato da un approccio sessuale non voluto dal ragazzo e dalla reazione violenta che avrebbe avuto Pasolini , ma durante il procedimento emersero dei dettagli inquietanti mai totalmente risolti.


Nanni Loy

Loy Nanni

  • Ottobre 22, 2011
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Nato a Cagliari il 23 ottobre del 1925, dopo una laurea in giurisprudenza e il diploma al Centro sperimentale di cinematografia di Roma, Nanni Loy approda alla regia a seguito di una lunga trafila di aiuto-regie (soprattutto con Luigi Zampa) e di un paio di co-regie (con Gianni Puccini: Parola di ladro e Il marito, entrambi del 1957).

Con il suo primo film,  Audace colpo dei soliti ignoti (1959), Loy realizza una commedia cercando di sfruttare il successo de I soliti ignoti (1958) di M. Monicelli. Con i successivi Un giorno da leoni (1961) e Le quattro giornate di Napoli (1962), entrambi incentrati su episodi della Resistenza italiana al nazifascismo, il regista dimostra invece la sua immensa capacità nel raccontare la dimensione quotidiana e umana di importanti eventi storici. Sempre molto attivo in televisione, anticipa di trent’anni quella tv basata sul voyeurismo e sugli sguardi nelle vite altrui con “Specchio segreto”, un programma fondato sulla candid camera di persone inconsapevoli, con lo stesso Loy frequentemente in scena. Al cinema si divide tra commedie di costume -spesso nella consueta formula a episodi (Made in Italy, 1965, Signore e signori, buonanotte e Quelle strane occasioni, entrambi del 1976)- e analisi più personali, tra ironia e malinconia. Tra questi  Il padre di famiglia (1967), sulla metamorfosi sociale e ideologica della famiglia italiana, Detenuto in attesa di giudizio (1971), una drammatica denuncia del malfunzionamento della giustizia italiana, e soprattutto Sistemo l’America e torno (1974), sul razzismo negli Stati Uniti. Dopo Café Express (1980), con Nino Manfredi che si arrangia a sopravvivere vendendo abusivamente caffè sui treni, Nanni Loy realizza alcuni film non molto di successo tra cui Mi manda Picone (1983), Amici miei atto III (1985), Scugnizzi (1989) e Pacco, doppio pacco e contropaccotto (1993).

Negli anni ’80 scrive testi anche per Radio Rai, da ricordare, tra le sue ultime opere, il film per la televisione A che punto è la notte (1994) e la regia teatrale di Scacco pazzo.

Una personalità di difficile caratterizzazione, autore di commedie all’italiana, ma anche di grandi film di denuncia sociale, raccontate con un tono convinto, serio, ma pur sempre moderato. Nanny Loy è un regista che ha saputo osservare gli altri, descrivendo personaggi comuni nella normale routine quotidiana, senza mai perdere di vista i problemi sociali e i drammatici avvenimenti storici dell’Italia.

Morto a 69 anni a Fregene il 21 agosto 1995, è sepolto al cimitero del Verano di Roma.