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Antonioni Michelangelo

  • Ottobre 10, 2011
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  • Archivio Riccardi

Michelangelo Antonioni nasce a Ferrara il 29 settembre 1912, nel 1935 si laurea in Economia e Commercio presso l’Università di Bologna.

Con un gruppo di amici crea una compagnia studentesca che mette in scena alcuni suoi testi, ma soprattutto testi di Pirandello, Ibsen, Cechov; intanto diviene titolare della rubrica cinematografica del quotidiano di Ferrara, il “Corriere Padano”. Nel 1940 si trasferisce a Roma, dove diventa il redattore della rivista “Cinema”, ma ci resta poco per divergenze politiche col segretario del direttore Vittorio Mussolini, secondogenito del Duce.

Frequenta il Centro Sperimentale di Cinematografia e nel 1942 collabora alla stesura della sceneggiatura di Un pilota ritorna di Roberto Rossellini. Dopo essere stato aiuto regista di Marcel Carné in Francia, nel 1943 rientra in patria a causa degli eventi bellici e inizia a girare il suo primo cortometraggio, Gente del Po, che riesce a terminare soltanto nel dopoguerra. Nel 1945 mette a punto con Luchino Visconti due progetti che non saranno mai tradotti in film e l’anno successivo scrive, con altri, la sceneggiatura di Caccia tragica di Giuseppe De Santis, a cui fa seguito la regia del suo secondo documentario, N. U. – Nettezza urbana, che vince il Nastro d’Argento.

Dopo altri cortometraggi, superate varie difficoltà, nel 1950 riesce finalmente a dirigere il suo primo lungometraggio: Cronaca di un amore, restaurato nel 2004, opera personalissima in cui descrive la crisi di una coppia, rappresentativa di certa società borghese contemporanea. Dirige poi altri film di valore: I vinti, sulla violenza giovanile; La signora senza camelie, sui meccanismi sconcertanti che regolano il divismo cinematografico; Le amiche, tratto dal romanzo di Cesare Pavese “Tra donne sole”, tutti variamente giudicati dalla critica e non molto apprezzati dal grande pubblico. Con Il grido tenta di superare stili e tematiche dei precedenti lavori per concentrare l’attenzione sull’individuo, sulle sue crisi esistenziali, sul suo vivere in una società che sente estranea. L’insuccesso commerciale del film costringe il regista a dedicarsi brevemente al teatro e a collaborare a film altrui, spesso di irrilevante valore artistico.

Ritorna al cinema nel 1960, con una celeberrima tetralogia: L’avventura (che nell’ottobre 1960 sarà sequestrato per qualche giorno dalla magistratura per oscenità), La notte, L’eclisse (questi ultimi tre sono a volte chiamati trilogia della malattia dei sentimenti) e il suo primo film a colori Il deserto rosso, tutti interpretati da Monica Vitti, sua compagna per diverso tempo, dove seziona compiutamente la tematica dell’alienazione e dell’incomunicabilità, grandi mali dell’uomo del Novecento, in autentici capolavori nei quali l’universalità del discorso intrapreso si fonde alla perfezione col rigore stilistico e la grande tecnica.
Dopo la cosiddetta “tetralogia”, Antonioni intraprende un’avventura decennale all’estero, girando in lingua inglese e con attori protagonisti stranieri, tre lungometraggi per la MGM: Blow-Up del 1966, Zabriskie Point del 1970 e Professione: reporter (The Passenger) del 1975.

Con Blow-up (anch’esso sequestrato dalla magistratura per oscenità) il suo pessimismo angoscioso si trasforma nel totale rifiuto della realtà in cui l’uomo vive: egli non è più in grado di stabilire alcun rapporto con ciò che lo circonda e anche le certezze più elementari sono messe in discussione.
Sulla stessa falsariga Zabriskie Point, incentrato sulla contestazione giovanile, realizzando un’importante critica alla società dei consumi.
Professione: reporter, famoso per il lungo e celebre piano sequenza finale, affronta l’impenetrabilità della realtà attraverso un repentino cambio di identità del protagonista.

Dopo Il mistero di Oberwald, girato per la televisione con mezzo elettronico, torna al cinema con Identificazione di una donna, dove mette in risalto la crisi sentimentale e comportamentale più di quella esistenziale.
Dopo la lavorazione di questo film, viene colpito da un ictus che lo priva quasi completamente dell’uso della parola e che lo lascia paralizzato dal lato destro. Assistito dalla seconda moglie Enrica Fico (sposata nel 1985), Antonioni si limita a dirigere qualche documentario e accetta di dirigere il videoclip di “Fotoromanza” per Gianna Nannini e uno spot pubblicitario per la Renault.

Nel 1995 – anno del centenario del cinematografo – Antonioni riceve il Premio Oscar alla carriera e torna dietro la macchina da presa assistito da Wim Wenders, suo grande ammiratore, con Al di là delle nuvole, dove traduce in immagini alcuni racconti del suo libro “Quel bowling sul Tevere”. Torna poi a lavorare ad un film ad episodi, Eros (2004) con Il filo pericoloso delle cose, inserito assieme ad altri due, firmati da Wong Kar Wai e Steven Soderbergh. Ormai estremamente limitato dalla malattia nella capacità di comunicare, si dedica negli ultimi anni alla pittura, astratta e caratterizzata da forme plastiche e colori molto accesi, con quadri che verranno poi presentati nella raccolta “Le montagne incantate” durante la Biennale del Cinema di Venezia dell’83, e sono attualmente esposti al Museo di Ferrara “Michelangelo Antonioni”.

È morto il 30 luglio 2007 nella sua casa romana, assistito dalla moglie, nello stesso giorno della scomparsa del regista svedese Ingmar Bergman. È sepolto nella Certosa di Ferrara.

 

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