Emilio Schuberth

Schubert Emilio

  • Dicembre 29, 2012
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  • Archivio Riccardi

È fra i magnifici nove invitati da Bista Giorgini a sfilare il 12 febbraio
1951 a Firenze, per affermare la nascita e la legittimità di una moda
italiana. Deve la sua notorietà a un innato senso dello spettacolo,
della comunicazione e a una conoscenza sartoriale ereditata dalla scuola
napoletana. Agli inizi degli anni ’30, si trasferisce a Roma ed è presso l’atelier Montorsi, dove cura il settore biancheria con raffinate combinazioni di seta emerletto.

Nel 1938 apre un negozio di modisteria con la giovane moglie,
in via Frattina. Sono così tante le richieste delle sue clienti che
decide, nel ’40, di darsi un atelier d’alta moda in via Lazio. Il suo stile era
singolare, amava il lusso nel tessuto e nei ricami, aveva un’abilità
innata nel mescolare tecniche e materiali. La sua donna era classica:
vita sottile, busto importante e con spalle rotonde, ma anche molto
romantica. Nel suo stile fastoso si fondono elementi ottocenteschi e
hollywoodiani. Amato da regine e da star del cinema, tra le sue clienti
ci fu anche Soraya, in fuga dalla Persia con lo Scià, alla quale — in
una sola notte — prepare un guardaroba degno di un’imperatrice,
appunto. Cliente fisso era re Faruk d’Egitto, che vestì da Schuberth le
sue mogli e le sue amanti. Maria Pia di Savoia gli commissionò una parte
del corredo per le sue nozze. Vestì Brigitte Bardot e Martine Carol.
Amato dalle soubrette, era l’artefice degli abiti per il “gran finale”
delle riviste musicali. Suoi gran parte degli abiti di Wanda Osiris, di
Elena Giusti, di Silvana Pampanini, di Valentina Cortese, Lucia Bosé,
Silvana Mangano e di Lorella De Luca per il film Poveri ma belli. Furono
sue clienti fedeli anche Gina Lollobrigida e Sofia Loren. Nel ’49 sfila
a Palazzo Grassi nell’ambito del Festival di Venezia. Il suo atelier
era frequentato da figurinisti e da costumisti, da Jon Guida a Costanzi,
da Pascali a Pellizzoni, da Balestra a De Barentzen, da Lancetti a
Guido Cozzolino detto Gog, da Ata De Angelis a Folco a Miguel Cruz. Nel
film Era lui sì, sì di Metz e Marchesi del ’51, impersona se stesso
mentre prova un abito all’esordiente Sofia Loren. Era solito presentarsi
agli eventi mondani accompagnato da dodici indossatrici super vestite e
truccate. Amava sfoggiare gioielli, non per esibizionismo ma per
calamitare l’attenzione dei media. Partecip& al popolare programma
televisivo Il Musichiere sia come costumista sia come protagonista,
cantando Donna, cosa si fa per te. Nel ’57 sigla, per il mercato
americano e tedesco, un accordo con Delia Biagiotti, madre della
stilista Laura, per l’esportazione della sua moda pronta. Firma il
profumo Schu-schu, la cui campagna pubblicitaria porta la firma di René
Gruau. L’archivio dei disegni è stato donato dalla figlia Gretel
all’università di Parma nel dipartimento diretto da Arturo Carlo
Quintavalle.

Celebre sarto delle dive del cinema anni ’60. Nato a Napoli nel 1904, Schuberth viaggiò molto in Germania e Inghilterra prima di trasferirsi come apprendista nella sartoria Montorsi a Roma. È fra i magnifici nove invitati da Bista Giorgini a sfilare il 12 febbraio 1951 a Firenze per affermare la nascita e la legittimità di una moda italiana. 

Deve la sua notorietà a un innato senso dello spettacolo, della comunicazione e a una conoscenza sartoriale ereditata dalla scuola napoletana. Agli inizi degli anni ’30, si trasferisce a Roma ed è presso l’atelier Montorsi, dove cura il settore biancheria con raffinate combinazioni di seta emerletto.

Nel 1938 apre un negozio di modisteria con la giovane moglie,in via Frattina. Sono così tante le richieste delle sue clienti che decide, nel ’40, di darsi un atelier d’alta moda in via Lazio. Il suo stile era singolare, amava il lusso nel tessuto e nei ricami, aveva un’abilità innata nel mescolare tecniche e materiali. La sua donna era classica:vita sottile, busto importante e con spalle rotonde, ma anche molto romantica. Nel suo stile fastoso si fondono elementi ottocenteschi e hollywoodiani. Amato da regine e da star del cinema, tra le sue clienti ci fu anche Soraya, in fuga  dalla Persia con lo Scià, alla quale — in una sola notte — prepara un guardaroba degno di un’imperatrice,appunto. Cliente fisso era re Faruk d’Egitto, che vestì da Schuberth lesue mogli e le sue amanti. Maria Pia di Savoia gli commissionò una partedel corredo per le sue nozze.
Vestì Brigitte Bardot e Martine Carol. Amato dalle soubrette, era l’artefice degli abiti per il “gran finale”delle riviste musicali. Suoi gran parte degli abiti di Wanda Osiris, diElena Giusti, di Silvana Pampanini, di Valentina Cortese, Lucia Bosé, Silvana Mangano e di Lorella De Luca per il film Poveri ma belli. Furono sue clienti fedeli anche Gina Lollobrigida e Sofia Loren. Nel ’49 sfila a Palazzo Grassi nell’ambito del Festival di Venezia. Il suo atelier era frequentato da figurinisti e da costumisti, da Jon Guida a Costanzi, da Pascali a Pellizzoni, da Balestra a De Barentzen, da Lancetti a Guido Cozzolino detto Gog, da Ata De Angelis a Folco a Miguel Cruz.

Nel film Era lui sì, sì di Metz e Marchesi del ’51, impersona se stesso mentre prova un abito all’esordiente Sofia Loren. Era solito presentarsi agli eventi mondani accompagnato da dodici indossatrici super vestite e truccate. Amava sfoggiare gioielli, non per esibizionismo ma percalamitare l’attenzione dei media. Partecipò al popolare programma televisivo Il Musichiere sia come costumista sia come protagonista, cantando Donna, cosa si fa per te. Nel ’57 sigla, per il mercato americano e tedesco, un accordo con Delia Biagiotti, madre della stilista Laura, per l’esportazione della sua moda pronta. Firma il profumo Schu-schu, la cui campagna pubblicitaria porta la firma di René Gruau.
L’archivio dei suoi disegni è stato donato dalla figlia Gretel all’università di Parma nel dipartimento diretto da Arturo Carlo Quintavalle.


Alberto Sordi

Sordi Alberto

  • Dicembre 22, 2012
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Quarto figlio di Pietro Sordi, professore di musica e suonatore di bombardino nell’orchestra del Teatro dell’Opera di Roma, nasce nel rione popolare di Trastevere. Già nelle scuole elementari iniziò a improvvisare piccole recite con un teatrino di marionette per un pubblico di suoi coetanei, anticipando la gloriosa carriera che lo portò ad essere uno dei maggiori interpreti del cinema italiano del secolo scorso.

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Raffaele La Capria

La Capria Raffaele

  • Giugno 03, 2012
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Raffaele La Capria, nato a Napoli nel 1922, è uno scrittore tra i più significativi della propria generazione e di tutto il secondo Novecento italiano. Autore, la cui produzione, è particolarmente legata alla narrativa e alla saggistica.

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Gian Maria Volonté

Volonté Gian Maria

  • Dicembre 05, 2011
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Gian Maria Volonté nacque a Milano, ma crebbe a Torino, il 9 aprile 1933. Il padre, Mario Volonté, era un milite fascista originario di Saronno (in provincia di Varese) che, nel 1944, fu al comando della Brigata Nera di Chivasso, incaricata di dar la caccia ai partigiani comunisti; la madre, Carolina Bianchi, apparteneva ad una benestante famiglia di industriali milanesi.


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Nanni Loy

Loy Nanni

  • Ottobre 22, 2011
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Nato a Cagliari il 23 ottobre del 1925, dopo una laurea in giurisprudenza e il diploma al Centro sperimentale di cinematografia di Roma, Nanni Loy approda alla regia a seguito di una lunga trafila di aiuto-regie (soprattutto con Luigi Zampa) e di un paio di co-regie (con Gianni Puccini: Parola di ladro e Il marito, entrambi del 1957).

Con il suo primo film,  Audace colpo dei soliti ignoti (1959), Loy realizza una commedia cercando di sfruttare il successo de I soliti ignoti (1958) di M. Monicelli. Con i successivi Un giorno da leoni (1961) e Le quattro giornate di Napoli (1962), entrambi incentrati su episodi della Resistenza italiana al nazifascismo, il regista dimostra invece la sua immensa capacità nel raccontare la dimensione quotidiana e umana di importanti eventi storici. Sempre molto attivo in televisione, anticipa di trent’anni quella tv basata sul voyeurismo e sugli sguardi nelle vite altrui con “Specchio segreto”, un programma fondato sulla candid camera di persone inconsapevoli, con lo stesso Loy frequentemente in scena. Al cinema si divide tra commedie di costume -spesso nella consueta formula a episodi (Made in Italy, 1965, Signore e signori, buonanotte e Quelle strane occasioni, entrambi del 1976)- e analisi più personali, tra ironia e malinconia. Tra questi  Il padre di famiglia (1967), sulla metamorfosi sociale e ideologica della famiglia italiana, Detenuto in attesa di giudizio (1971), una drammatica denuncia del malfunzionamento della giustizia italiana, e soprattutto Sistemo l’America e torno (1974), sul razzismo negli Stati Uniti. Dopo Café Express (1980), con Nino Manfredi che si arrangia a sopravvivere vendendo abusivamente caffè sui treni, Nanni Loy realizza alcuni film non molto di successo tra cui Mi manda Picone (1983), Amici miei atto III (1985), Scugnizzi (1989) e Pacco, doppio pacco e contropaccotto (1993).

Negli anni ’80 scrive testi anche per Radio Rai, da ricordare, tra le sue ultime opere, il film per la televisione A che punto è la notte (1994) e la regia teatrale di Scacco pazzo.

Una personalità di difficile caratterizzazione, autore di commedie all’italiana, ma anche di grandi film di denuncia sociale, raccontate con un tono convinto, serio, ma pur sempre moderato. Nanny Loy è un regista che ha saputo osservare gli altri, descrivendo personaggi comuni nella normale routine quotidiana, senza mai perdere di vista i problemi sociali e i drammatici avvenimenti storici dell’Italia.

Morto a 69 anni a Fregene il 21 agosto 1995, è sepolto al cimitero del Verano di Roma.


Carlo Lizzani

Lizzani Carlo

  • Settembre 25, 2011
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Carlo Lizzani è nato a Roma il 3 aprile del 1922. Regista di decine di film da Viaggio al sud -il suo documentario d’esordio del 1949- fino a Scossa, pellicola ad episodi girata insieme a Citto Maselli, Ugo Gregoretti e Nino Russo e presentata fuori concorso all’ultima edizione della Mostra del Cinema di Venezia.

Ancora prima di diventare regista, Carlo Lizzani è stato critico e grande studioso di cinema, sceneggiatore (ottiene anche una nomination all’Oscar per la sceneggiatura di Riso Amaro, 1949,  diretto da Giuseppe De Santis) e aiuto-regista.

E’ stato direttore della Mostra di Venezia tra la fine degli anni ’70 ed i primi anni ’80; ha lavorato nella redazione della rivista “Cinema”; ha pubblicato un libro dal titolo “Storia del cinema italiano”; ha iniziato -soprattutto negli ultimi anni- un enorme lavoro di recupero della memoria del cinema italiano, in modo particolare con monografie su De Santis, Roberto Rossellini (con cui ha lavorato alla sceneggiatura di Germania anno zero) e Luchino Visconti. Ex presidente dell’Anac (Associazione Nazionale Autori Cinematografici) ha ceduto il suo posto ad Ugo Gregoretti.

Carlo Lizzani ha raccontato storie di cronaca e avvenimenti storici attraverso il cinema, in un insieme di lavori che vanno dal dramma, al documentario, passando per l’inchiesta giornalistica e la commedia. Narratore della sinistra di un tempo, ha raccontato la storia dei grandi leader della sinistra italiana, da Togliatti a Berlinguer, è stato documentarista per il PCI fino al 1957. Ogni tanto si è allontanato dal suo status di autore impegnato per osservare i mutamenti di costume dell’Italietta operaia, inoltrandosi nello spaghetti western (Un fiume di dollari, 1966) o nella commedia comica con film come Il carabiniere a cavallo (1961) che racconta la storia di un carabiniere -sposato segretamente poiché il regolamento vieta il matrimonio prima del quindicesimo anno di servizio- che passa la luna di miele alla ricerca del cavallo che gli è stato rubato. È una delle rare incursioni di Lizzani nel genere comico, con la sceneggiatura di Antonio Pietrangeli, Ettore Scola e Ruggero Maccari, una commedia disuguale quanto la carriera registica di Carlo Lizzani.

Tra gli altri suoi lavori da ricordare c’è sicuramente il suo primo film di finzione, il bellico Achtung! Banditi! (1951) con Gina Lollobrigida, Andrea Checchi, Lamberto Maggiorani e Giuliano Montaldo coinvolti in una storia di guerra partigiana fra Genova e l’Appennino ligure. Nel 1953 invece, vince il Premio Internazionale di Cannes per la pellicola Cronache di poveri amanti con Marcello Mastroianni, che aveva realizzato simultaneamente al drammatico Ai margini della metropoli (1953) con Giulietta Masina. Coinvolto nel progetto di Cesare Zavattini Amore in città (1953), Lizzani avrà l’occasione di collaborare con Michelangelo Antonioni, Federico Fellini, Dino Risi e Alberto Lattuada in una mininchiesta sull’amore in Italia. Dirige poi: Il gobbo (1960) con Pier Paolo Pasolini -che ritroverà anche in Requiescant (1966)-, il già citato Il carabiniere a cavallo (1961) con Nino Manfredi, Il processo di Verona (1963) con la Mangano e Claudio Gora e La vita agra (1964) con Ugo Tognazzi.

Nel 1965, lavora con Ettore Scola nella commedia Thrilling con Alberto Sordi e, nel 1968, dirige Stefania Sandrelli nel troppo sottovalutato L’amante di Gramigna. Vincitore del David di Donatello per la miglior regia e di un Nastro d’Argento per la migliore sceneggiatura per Banditi a Milano (1968), collabora con Jean-Luc Godard, Marco Bellocchio, Bernardo Bertolucci e l’amico Pasolini nella pellicola corale Amore e rabbia (1969), riemergendo dal mucchio nel 1971 con Roma bene e con Mussolini: ultimo atto (1974) che racconta gli ultimi giorni prima della morte di Benito Mussolini basandosi sulla versione ufficiale della sua fucilazione e ha come protagonisti Rod Steiger ed Henry Fonda. Nel 1977 invece Lizzani gira il film Fontamara, tratto dall’opera più famosa di Ignazio Silone, sui contadini di Fontamara (paese dell’Abruzzo) che subiscono la repressione fascista.

Ha lavorato poi nel piccolo schermo con alcune fiction, alternandosi comunque con documentari e lungometraggi al cinema come Mamma Ebe (1985), Caro Gorbaciov (1988), Celluloide (1995); l’opera corale Un altro mondo è possibile (2001) con Francesca Archibugi, Bellocchio, Marco Tullio Giordana, Franco Giraldi, Monicelli, Pontecorvo, Gabriele Salvatores, Scola e i fratelli Taviani; Hotel Meina (2007) fino all’ultimo Scossa.

Muore a 91 anni,  il 5 ottobre 2013, gettandosi dal balcone dell’appartamento in cui viveva, nel quartiere Prati a Roma.