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Totò

Totò

  • Aprile 14, 2020
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  • Archivio Riccardi

Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfirogenito Gagliardi De Curtis, in arte Totò nasce a Napoli il 15 febbraio 1898. Soprannominato “il principe della risata”, viene considerato uno dei maggiori  esponenti dello spettacolo comico italiano e un interprete magistrale nella storia del teatro e del cinema in Italia.

Si impone infatti sulla scena artistica con oltre 50 spettacoli teatrali e 97 film interpretati che ancora oggi riscuotono un notevole successo e apprezzamento.

Antonio De Curtis crebbe in condizioni di forte povertà, lo studio veniva impedito dalla forte predisposizione all’arte, passava infatti il tempo ad osservare e studiare i comportamenti delle persone che lo circondavano e tentando di imitarne i movimenti, per questo veniva soprannominato “‘o spione”.

La sua vocazione artistica trovò una realizzazione nel 1913 quando iniziò a frequentare i teatri di periferia esibendosi in imitazioni e macchiette sotto il nome di “Clerment”, è qui che incontrò attori come Eduardo De Filippo.

Si trasferì a Roma con la famiglia quando il padre, Giuseppe De Curtis, all’inizio degli anni ’20, riconobbe Totò come figlio e regolarizzò la situazione familiare sposandone la madre.

A Roma fu scritturato come “straordinario” nella compagnia dell’impresario Umberto Capece, affacciandosi così alla commedia dell’arte ma il giovane attore coltivava già l’dea di esibirsi da solo, questo fu il motivo che lo spinse a tentare al Teatro Ambra Jovinelli, dove erano passati artisti del calibro di Ettore Petrolini e Raffaele Viviani.

Qui ebbe un fortunatissimo colloquio con Giuseppe Jovinelli, titolare del teatro, il quale fece firmare un contratto a Totò che permise al nascente attore napoletano di esibirsi, tra il 1923 e il 1927, nei principali caffè-concerto italiani.

Nel 1927 fu scritturato da Achille Maresca, titolare di due diverse compagnie; Totò entrò quindi a far parte prima della compagnia di cui era primadonna Isa Bluette e poi dal 1928 di quella di Angela Ippaviz. Gli anni Trenta furono un periodo di grandi successi per il comico che, malgrado il guadagno  non molto alto, era considerato ormai affermato nel panorama teatrale italiano.

Insieme alla sua “spalla” Guglielmo Inglese, portò sulla scena numerosi spettacoli in tutta Italia. Caratteristica di Totò erano i suoi copioni spesso approssimativi, grazie ai quali ebbe modo di dare sfogo alle risorse creative della sua comicità surreale, con mimiche grottesche e invenzioni linguistiche.

Nel 1933 acquisì titoli nobiliari facendosi adottare dal marchese Francesco Maria Gagliardi Focas e si trasferì nel 1934 a Roma con la compagna Diana Rogliani,  conosciuta in tournée a Firenze, e la figlia Liliana. Nel 1937 ci fu il suo debutto cinematografico con “Fermo con le mani!” prodotto da Gustavo Lombardo, al quale seguì due anni dopo “Animali Pazzi” di “Carlo Ludovico Bragaglia”. Alla fine del 1939, andò in tournée a Massaua e Addis Abeba, in Etiopia, accompagnato da Diana Rogliani, Eduardo Passarelli e la soubrette Clely Fiamma, presentando lo spettacolo “50 milioni… c’è da impazzire!”, scritto insieme a Guglielmo Inglese e già mostrato al pubblico italiano anni prima. Una volta rientrato in patria interpretò la sua terza pellicola, “San Giovanni decollato”.

Totò debuttò al teatro Quattro Fontane di Roma insieme a Mario Castellani ed Anna Magnani, con i quali instaurò un solido rapporto artistico e umano che portò all’interpetazione di spettacoli come : “Quando meno te l’aspetti”, “Volumineide”, “Orlando Curioso”, “Che ti sei messo in testa?” e “Con un palmo di naso”.

Nel maggio del ’44, “Che ti sei messo in testa” creò problemi al comico napoletano, a causa dei chiari riferimenti agli occupanti tedeschi, infatti, dopo le prime rappresentazioni al teatro Valle di Roma, venne dapprima intimorito con una bomba all’entrata dal teatro, poi denunciato dalla polizia, insieme ai fratelli De Filippo, con un telegramma dal Comando Tedesco indirizzato al teatro Principe.

Il 26 giugno riprese a recitare: tornò al teatro Valle con Anna Magnani, dando libero sfogo alla sua satira impersonando il Duce e Hitler rappresentando quest’ultimo in un atteggiamento ridicolo, con un braccio ingessato e i baffetti che gli facevano il solletico, e mandando l’intera platea in estasi.

Dopo il 1945, Totò, continuando ad alternare teatro e cinematografia, si dedicò anche alla creazione di canzoni e poesie. Interpretò la sua sesta pellicola, “Il ratto delle Sabine”, con il regista Mario Bonnard, alla quale seguì la collaborazione con Mario Mattòli con il quale Totò interpretò tra il ’47 al ’49: “I due orfanelli”, “Fifa e arena”, “Totò al giro d’Italia” e “I pompieri di Viggiù”.

Nella stagione 1949/1950 ottenne l’ultimo successo a teatro con “Bada che ti mangio!”, che debuttò al teatro Nuovo di Milano nel marzo del ’49, dopodiché Totò si allontanò dal palcoscenico per dedicarsi esclusivamente al cinema.

Lavorò anche con Eduardo De Filippo nel suo film “Napoli milionaria”, che accettò di interpretare senza compenso, in segno dell’affettuosa amicizia che lo legava ad Eduardo.

Nel 1950 Totò rinunciò alla proposta di avere un ruolo, insieme al francese Fernandel, nel film di produzione italo-francese Atollo K, dove avrebbe avuto l’opportunità di recitare insieme a Stan Laurel e Oliver Hardy, la famosa coppia comica conosciuta in Italia come Stanlio e Ollio.

Tra il ’49 e il ’50, oltre a “Napoli milionaria”, interpretò ben altri nove film, tra i quali alcune parodie: “Totò le Mokò”, “Totò cerca moglie”, “Figaro qua, Figaro là”, “Le sei mogli di Barbablù”, “47 morto che parla”, tutti diretti da Carlo Ludovico Bragaglia, poi “L’imperatore di Capri” di Luigi Comencini, “Tototarzan” e “Totò sceicco” di Mario Mattòli, “Yvonne la nuit” di Giuseppe Amato, “Totò cerca casa” di Steno e Mario Monicelli. Questi film ebbero un buon successo di pubblico, ma non di critica, che fin dall’inizio non gradì lo stile di Totò.

Il ’51 fu un anno importante per il comico, venne infatti richiamato da Steno e Mario Monicelli per interpretare il ruolo del ladro Ferdinando Esposito in “Guardie e ladri”, al fianco di Aldo Fabrizi, tra i suoi amici più affezionati.

Il film fu un successo, alti incassi, grande apprezzamento di pubblico e plauso inatteso da parte della critica, che aveva fino a quel momento snobbato e contrastato l’arte di Totò. Nello stesso anno l’attore interpretò, sempre per la regia di Monicelli e Steno, “Totò e i re di Roma”, l’unico film che vide il comico recitare con Alberto Sordi.

L’anno seguente fu premiato con un nastro d’argento per la sua interpretazione in Guardie e ladri, e l’opera venne presentata al Festival di Cannes 1952, dove si aggiudicò il premio per la migliore sceneggiatura. Insieme alla Faldini, girò poi “Totò e le donne”, nuovamente diretto da Steno e Monicelli, dove Totò recitò per la prima volta con Peppino De Filippo, con il quale formò in seguito una delle coppie più popolari del cinema italiano. “Totò a colori” fu uno dei primi film italiani a colori. Durante le riprese del film, Totò, a causa delle potenti luci usate sul set e alla sua vista già precaria, iniziò ad avere ulteriori problemi. Tra il 1953 e il 1955 interpretò diciassette film, lavorò nuovamente con Steno in “L’uomo, la bestia e la virtù”, poi con Mattòli ne “Il più comico spettacolo del mondo”, e nella trilogia scarpettiana: “Un turco napoletano”, “Miseria e nobiltà” e “Il medico dei pazzi”.

Fu anche chiamato dall’amico Aldo Fabrizi che lo volle per il film “Una di quelle”, al fianco di Peppino De Filippo, Lea Padovani e lo stesso Fabrizi. L’attore ebbe poi l’opportunità di lavorare con Alessandro Blasetti, Vittorio De Sica e anche Camillo Mastrocinque, con il quale girò molte pellicole di successo. Dovette abbandonare definitivamente il teatro, continuando però con il cinema: semicieco, ritornò sul set interpretando a catena cinque film di Camillo Mastrocinque, che raggiunse il punto più alto del suo sodalizio con l’attore dirigendolo in “Totò, Peppino e la… malafemmina” e ne “La banda degli onesti“, scritto da Age e Scarpelli e interpretato insieme a Peppino e Giacomo Furia.

Malgrado la malattia, le sue capacità recitative non si affievolirono mai. Nel 1957 restò quasi inattivo e interpretò solo un film, “Totò, Vittorio e la dottoressa”, di Mastrocinque. Sempre nel ’58 recitò con l’attore francese Fernandel in “La legge è legge” e, tra le altre pellicole, prese parte al celebre film “I soliti ignoti” di Mario Monicelli. Nello stesso anno gli venne assegnato il Microfono d’argento e in seguito una Targa d’oro dall’Anica, per il suo contributo al cinema italiano e per la sua lunga carriera artistica. Con il regista Lucio Fulci interpretò “I ladri” e tornò con Steno nel film “I tartassati”, nuovamente al fianco di Aldo Fabrizi.

Fu questa la fase in cui gli si affiancarono – a parte Castellani e gli apprezzati Aldo Giuffré, Aroldo Tieri e Luigi Pavese – molte altre “spalle”, tra cui Nino Taranto, Erminio Macario, Gianni Agus, Ugo D’Alessio, Paolo Stoppa, Gino Cervi, Pietro De Vico e Raimondo Vianello. Tra i tanti film interpretati negli anni Sessanta, oltre ai numerosi con Peppino e alcuni con Fabrizi, di buon successo furono “Totòtruffa 62” di Camillo Mastrocinque, “Gli onorevoli “e la commedia amara “I due marescialli” di Sergio Corbucci, dove recitò con Vittorio De Sica, poi “I due colonnelli” di Steno con l’attore canadese Walter Pidgeon, e “Risate di gioia” di Monicelli, che segnò una tappa importante per Totò, dato che fu l’unica volta che recitò sul set insieme all’amica e compagna storica di teatro Anna Magnani. Nel suo vastissimo repertorio non potevano mancare poi le parodie, come “Totò contro Maciste”, “Totò e Cleopatra” e “Totò contro il pirata nero” di Fernando Cerchio,  “Che fine ha fatto Totò Baby?” di Ottavio Alessi e “Totò diabolicus” di Steno.

Nel gennaio del ’64 venne pubblicizzata la notizia dell’uscita del centesimo film di Totò, “Il comandante”, diretto da Paolo Heusch e scritto da Rodolfo Sonego. La notizia diede luogo a festeggiamenti e riconoscimenti, Totò ricevette la “Sirena d’oro” e agli incontri internazionali del cinema venne accolto da un applauso interminabile. 

Presso l’editore Fausto Fiorentino di Napoli, Totò pubblicò la famosa poesia “‘A livella. Al culmine della sua carriera, arrivarono proposte importanti da cineasti come Alberto Lattuada, Federico Fellini e Pier Paolo Pasolini. Col primo fece, nel ’65, il film “La mandragola”. L’incontro con Pasolini, invece, fu uno dei più importanti e inaspettati dell’intera carriera cinematografica di Totò.

La prima opera realizzata insieme fu “Uccellacci e uccellini”, lodato dalla critica per la grande interpretazione di Totò che lo portò al suo secondo nastro d’argento. Prima di ritornare con Pasolini, ottenne un ruolo in “Operazione San Gennaro” di Dino Risi, accanto a Nino Manfredi.

Nel ’67 girò con Pasolini il cortometraggio “La terra vista dalla luna”, episodio del film collettivo “Le streghe”, tratto dal racconto di Pasolini mai pubblicato “Il buro e la bura”; poi “Che cosa sono le nuvole?, un episodio del film “Capriccio all’italiana”.

Morì nella sua casa di Via Monti Parioli alle 3:30 del mattino  del 15 aprile 1967, all’età di 69 anni, colpito da un infarto, lasciando una traccia indelebile nel mondo artistico italiano.


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