
Brando Marlon
Nato ad Omaha, Nebraska, il 3 aprile 1924, figlio di un commesso viaggiatore e di una attrice di seconda linea, Brando prima di fare l’attore tenta inizialmente la carriera militare ma, indisciplinato e insofferente alle regole gerarchiche che vigono in caserma, viene espulso dall’Accademia Militare del Minnesota.
Si trasferisce a New York e frequenta un corso di arte drammatica debuttando nel 1944 a Broadway. Tre anni più tardi trionfa in teatro con il personaggio di Stanley Kowalski, il protagonista dello struggente dramma di Tennessee Williams “Un tram che si chiama desiderio”. Dopo il lungo e faticoso tirocinio all’Actor’s Studio Marlon Brando esordisce sul grande schermo nel 1950 con il film “Uomini” di Fred Zinneman, nel quale interpreta un paraplegico reduce di guerra. Il vero successo gli arriva però l’anno dopo, con le stesso testo che lo lanciò in teatro: la versione cinematografica di “Un tram che si chiama desiderio” (regia di Elia Kazan, con Vivien Leigh) lo proietta direttamente nell’immaginario femminile di un’intera generazione.
Sullo schermo Marlon Brando è di un fascino immenso e il suo personaggio coniuga caratteristiche contraddittorie che, a quanto sembra, colpirono in modo particolare le signore del tempo: non solo è bello in modo disarmante, ma è anche allo stesso tempo duro e profondamente sensibile, ribelle e anticonformista. Insomma, un ruolo che non poteva passare inosservato in una società così legata alle regole e alle convenzioni come l’America di allora.
Purtroppo, negli anni a venire di questo grande fascino resterà solo l’ombra. Brando, inspiegabilmente, perde del tutto la magnifica forma fisica di un tempo e, forse per i grandi problemi legati alla sua famiglia si è completamente lasciato andare arrivando a pesare qualcosa come 160 Kg.Dopo quattro nominations consecutive (a partire dagli anni ’50), finalmente con “Fronte del porto” (1954), diretto da Elia Kazan vince l’Oscar come miglior attore protagonista, con il ruolo di Terry Malloy.
Gli anni ’60 rappresentano invece un decennio di declino per l’attore, capace solo di inanellare una serie di opere mediocri (con l’eccezione della sua unica regia del 1961, “I due volti della vendetta”), e di creare una serie infinita di problemi sui set che frequenta e alle produzioni che lo ingaggiano.
Negli anni ’70 Marlon Brando resuscita letteralmente: è il 1972 quando azzecca un ruolo che rimarrà nella storia dell’interpretazione, quello di Don Vito Corleone nel film “Il Padrino” di Francis Ford Coppola. Durante il provino Brando improvvisa l’ormai celeberrimo trucco per “diventare” Don Vito: capelli tenuti indietro con la brillantina, sfumature di lucido da scarpe su guance e fronte, guance imbottite di Kleenex. Per la parte riceve ancora una volta l’Oscar ma, con una mossa a sorpresa, si rifiuta di ritirarlo e, per protestare contro il modo in cui il governo USA tratta gli indiani, manda al suo posto una giovane Sioux.
Nello stesso anno recita nel film scandalo “Ultimo tango a Parigi” di Bernardo Bertolucci, pellicola che, fra le sue disavventure, si vede anche bruciata sulla pubblica piazza. Anche in questa occasione il “marchio” Brando si fa sentire e lo stile, gli atteggiamenti strafottenti che dona al suo personaggio, diventeranno emblematici ed inimitabili.Nel 1979 è la volta di un altro grande, magnetico ruolo, quello del colonnello Kurz in “Apocalypse Now” diFrancis Ford Coppola.
La sua apparizione nelle fasi finali del film è agghiacciante, sorprendente, l’attore appare del tutto irriconoscibile. I critici gridano al miracolo, qualcuno lo osanna come il miglior attore di sempre. Finito di girare il capolavoro di Coppola l’attore si ritira dalle scene per circa un decennio: in seguito apparirà solo in ruoli cameo. Tra i suoi ultimi film di rilievo ricordiamo “Don Juan De Marco maestro d’amore” (1994, con Johnny Depp), e “The Score” (2001, con Robert De Niro e Edward Norton).L’indimenticabile attore si è spento a Los Angeles all’età di 80 anni il 2 luglio 2004.
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