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Adolfo Celi

Celi Adolfo

  • Febbraio 18, 2016
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  • Archivio Riccardi

Adolfo Celi nasce a Messina il 27 luglio 1922.

Figlio di un prefetto, cresce fra la Sicilia, Padova e varie zone del Nord Italia. Nel ’42 si iscrive all’Accademia d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico” di Roma, dove conosce Vittorio Gassman, Mario Landi (il futuro regista de Le inchieste del commissario Maigret, una ventina di film televisivi realizzati fra il ’64 e il ’71 e interpretati da Gino Cervi e Andreina Pagnani), Vittorio Caprioli e altre persone che contribuiscono a trasmettergli la passione per il teatro e per il cinema, dove esordisce nel ’46 in Un americano in vacanza di Luigi Zampa, cui seguono due anni dopo (nel ’48) Proibito rubare di Luigi Comencini e Natale al campo 119 di Pietro Francisci. L’anno seguente, nel ’49, partecipa a Emigrantes di Aldo Fabrizi.

Partito per il Brasile con il cast e la troupe di quest’ultimo film, si affezionerà al Paese sudamericano a tal punto da rimanerci per i successivi quindici anni. In Brasile si occupa soprattutto di teatro, fondando, insieme a Tonia Carrero (sua moglie dal ’51 al ’63) e Paulo Autran, il “Teatro Brasileiro de Comédia” di San Paolo del Brasile e la compagnia di prosa “Carrero-Celi-Autran”. Negli stessi anni, la produzione cinematografica “Vera Cruz” gli affida la regia dei film Caiçara (1950) e Tico-Tico no Fubá (1952).

Ancora oggi, in Brasile Celi è considerato un importante regista, a cui si deve la definizione di nuovi canoni di sperimentazione teatrale e cinematografica. In Sud America comincia anche una carriera di caratterista cinematografico, recitando nei film L’uomo di Rio (Philippe Le Broca, 1963) e Agente 007 – Thunderball: Operazione tuono (Terence Young, 1965), il quarto fra i sei 007 interpretati da Sean Connery fra il ’62 e il ’71, con cui ottiene una certa notorietà internazionale e che favoriranno il suo ritorno in Italia.

Nel ’64, una volta rientrato, trova un cinema molto cambiato e in pieno sviluppo. Interpreta numerosi parti da “cattivo”, sia in film western o d’azione sia, con una buona dose di autoironia, nelle commedie, dove veste di frequente i panni di personaggi potenti e senza scrupoli. Negli anni Sessanta è fra i pochi attori italiani in grado di recitare perfettamente anche in inglese e, grazie alla sua preparazione professionale, viene ingaggiato come comprimario in numerosi film stranieri e in produzioni internazionali. Ricordiamo Il tormento e l’estasi Carol Reed, 1965), Il colonnello Von Ryan (Mark Robson, 1965), Grand Prix (John Frankenheimer, 1967), Masquerade (Joseph L. Mankiewicz, 1967), Il fantasma della libertà (Luis Bunuel, 1974), … E poi non ne rimase nessuno (Peter Collinson, 1974), tratto dal celebre Dieci piccoli indiani di Agatha Christie.

Nel frattempo, nel ‘69 (due anni dopo Ad ogni costo di Giuliano Montaldo, in cui lavora con Edward G. Robinson, Janet Leigh, Klaus Kinsky e Riccardo Cucciolla), aveva diretto l’autobiografico L’alibi, il suo unico film italiano da regista, realizzato insieme ai suoi ex compagni d’Accademia V. Gassman e Luciano Lucignani. Nel ‘72 interpreta il medico nazista ne Il sospetto, sceneggiato Rai diretto da Daniele D’Anza, e il poliziotto italo-americano Joe Petrosino nell’omonimo sceneggiato, mentre, tre anni dopo, veste i panni Don Mariano D’Agrò nel televisivo L’amaro caso della baronessa di Carini.

Tuttavia, in Italia, l’apice del suo successo arriverà nel ’75, anno in cui entra a far parte (insieme a Ugo Tognazzi, Gastone Moschin, Philippe Noiret e Duilio Del Prete – poi sostituito, a partire dal secondo film, da Renzo Montagnani) della “squadra” della fortunata trilogia di Amici miei (Mario Monicelli,1975 e 1982; Nanny Loy, 1985), in cui interpreta del professor Sassaroli, un brillante primario d’ospedale proveniente dal Nord Italia, il quale, annoiato dal lavoro, si associa alle “zingarate” di un gruppo di amici toscani goliardi e buontemponi.

Nel ’76, il suo volto si fissa ulteriormente nella memoria del pubblico italiano con Sandokan, la miniserie televisiva diretta da Sergio Sollima in cui interpreta il ruolo di Lord James Brooke, il malvagio nemico del protagonista (interpretato da Kabir Bedi). Sulla scia del successo di tale personaggio viene chiamato a raccogliere il testimone di (1927 – 1991) per uno spot pubblicitario di un noto marchio di elettrodomestici. Nell ‘81 partecipa a I Borgia, kolossal storico televisivo inglese in cui interpreta Rodrigo Borgia, il futuro Papa Alessandro VI.

All’inizio degli anni Ottanta torna a lavorare soprattutto in teatro. Il 19 febbraio 1986, la sera della rappresentazione teatrale de I Misteri di Pietroburgo di F. Dostoevskij al Teatro di Siena, Adolfo Celi viene improvvisamente colto da malore e ricoverato d’urgenza (l’amico Vittorio Gassman prenderà il suo posto sul palcoscenico). Muore la sera stessa a causa di arresto cardiaco e viene sepolto nel Cimitero Monumentale di Messina.